Aurel Bacs: con Mondani Vincono ancora una volta i Collezionisti

Incontriamo Aurel Bacs, uno dei personaggi più importanti e interessanti del mondo dell’orologeria da collezione e da investimento. Lo facciamo in occasione dell’anteprima milanese dell’asta “Mondani”, la seconda monotematica dopo quella che si era svolta nel 2006: allora si trattò di un vero e proprio evento per il mondo del collezionismo orologiero. Oggi tutto è cambiato, anche e soprattutto il collezionismo e Phillips in collaborazione con Bacs & Russo propone una nuova importane vendita all’interno della quale troviamo la collezione del celebre “editore”: The Geneva Watch Auction: XIX – Featuring the Guido Mondani Collection – Ginevra 11-12 Maggio 2024. 

Il Rolex Cosmograph Daytona Ref. 6269 della collezione Mondani © Phillips

Aurel cos’è cambiato tra il 2006 e il 2024?

«Sono passati diciott’anni e credo che si tratti di due Guido Mondani diversi. Il primo era un “avventuriero” alla scoperta di un mondo collezionistico che ancora si stava definendo. In quella celebre asta presentò in vendita 309 orologi, che peraltro andarono tutti venduti.»

Oggi?

«L’11 maggio proporremo in primis gli orologi che Guido Mondani in occasione della prima vendita non voleva o non poteva “lasciare”, spesso per motivi esclusivamente “sentimentali”. L’esempio migliore è il Rolex Cosmograph Daytona Ref. 6269 della sua carissima moglie, oppure il suo personalissimo Rolex ref. 6036 “Jean-Claude Killy” Chronograph in oro rosa. Oltre a questo presenteremo anche dei pezzi che lui, collezionista e appassionato, ha continuato ad acquistare negli anni dopo quella vendita. La vita di Guido oggi è totalmente cambiata rispetto al passato, la figlia che allora era una bambina oggi è diventata una professionista, ma anche madre e moglie. Tutto è diverso, tranne i principi base di tutto quello che fa.»

Quali sono questi principi?

«Qualità, studio, la solidità di un collezionista che non ama fare compromessi qualitativi per i pezzi che vuole possedere.» Sei un uomo di sintesi, come potremmo distinguere l’asta del 2006 da quella odierna? «Rubiamo l’idea dal cinema: la prima è stata Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, la seconda l’attuale Indiana Jones e il quadrante del destino, una il naturale continuo dell’altra.»

Com’è cambiato il mondo del collezionismo? Esaurito il momento speculativo è tornato al suo reale valore?

«Ottima domanda. Sono contento che il mercato sia di nuovo nelle mani dei collezionisti e non più in quelle di chi voleva solamente fare un guadagno veloce: i cosiddetti “speculazionisti”, un misto tra speculatori e collezionisti. Certo per fare una valutazione di quanto è accaduto tra il 2020 e il 2022 bisogna considerare che si trattava di un periodo particolare e per molti versi unico: interessi bancari a zero o negativi, poca disponibilità degli orologi nuovi in vendita a causa della chiusura delle manifatture per il Covid, sostanziale impossibilità nell’usare il denaro per i piaceri personali come i viaggi o le feste… poi l’inflazione a livelli record. Tutto questo ha contribuito a creare una situazione estremamente favorevole per investire e alle volte anche speculare sulle lancette. È successo lo stesso nel mondo dell’automotive, quando una Ferrari è passata da un giorno all’altro da 20 a 40 milioni di valore. È successo lo stesso nel mondo dell’arte, quando alcune opere hanno raddoppiato il loro valore senza un motivo apparente.»

Una buona cosa?

«No. Per quanto riguarda il mondo degli orologi non è una cosa che amo. Preferisco che un orologio non raddoppi il suo valore da un giorno all’altro, quanto piuttosto che io abbia la serenità di sapere che nei prossimi vent’anni il suo valore si manterrà intatto oppure che salirà di un 5%. Non vedo perché un oggetto da collezione debba essere trattato come un Bitcoin: la stabilità affiancata ad una crescita regolare è una situazione molto più sana e corretta per tutti.»

C’è stato un momento in cui il mercato sembrava impazzito.

«Nel 2022 ad un certo punto non sapevo più quanto poteva realmente valere un Nautilus oppure un Royal Oak. Oggi sicuramente siamo molto più “sani”, abbiamo fatto un piccolo detox: è normale, se si fa festa fino alle cinque di mattina, che il giorno dopo ci voglia un po’ di riposo e di riflessione (sorridendo) anche per ricordarsi cosa è realmente successo la sera prima!» 

Alcuni pezzi importanti che andranno battuti nell'asta The Geneva Watch Auction: XIX © Phillips

Quale reputi sia il motivo di maggiore interesse di questo 2024 appena cominciato?

«Un esempio importante su tutti: stamattina abbiamo appena chiuso un’asta online a Hong Kong. La cosa straordinaria, oltre al risultato economico comunque importante, è che abbiamo contato oltre 1.100 partecipanti, provenienti da tutto il mondo, spesso anche giovani. Questo dimostra che l’amore per l’orologio da collezione non solo è forte come gli anni precedenti, ma a livello globale è ancora più forte.»

Il celebre collezionista Auro Montanari, parlando degli indipendenti in una sua intervista ha detto “Le case d’aste devono fare fatturato e in quel momento il mercato voleva gli indipendenti: normale che si sia scelto di percorrere anche questa strada”. Tu sei stato un fautore del successo dell’orologeria indipendente, cosa hai da dire al riguardo?

«Ufficialmente rifiuto questo commento, in quanto per nostra filosofia non cerchiamo il fatturato quanto la soddisfazione del venditore e dell’acquirente: accetto il fatto che la Phillips sia stata una sorta di “ambasciatore” per il mondo degli indipendenti ma – per fortuna – la Philips è frutto di tante anime e ispirazioni diverse.»

Cosa ne pensi, quindi, degli orologiai indipendenti?

«Già nel duemila, nel mondo dei primissimi forum, quando si diceva che Urwerk assomgliava a un frullatore e si pensava che Philippe Dufour fosse una crema per un centro benessere… il nostro Alexandre Ghotbi si comportava come un vero e proprio esploratore: andava nella Vallée de Joux, con la neve alta un metro, a visitare gli atelier di questi veri e propri geni, artigiani dell’orologeria tradizionale, ma anche innovatori sia nella meccanica che nell’estetica. Da Alex ho imparato tutto quello che so su di loro. Certo, ci sono un paio di indipendenti che propongo con grande piacere ma, come ho più volte detto, non sono uno che si attiene ciecamente a un’unica verità assoluta. Posso proporre un Omega come un Patek Philippe, un Rolex come un indipendente, un oro come un platino, un acciaio, un piccolo, un grande, un titanio… la mia curiosità “parte” decolla quando vedo un orologio bello e di qualità, a prescindere da ogni altra considerazione.»

Come definiresti il posizionamento degli indipendenti all’interno del mondo dell’Alta Orologeria?

«A loro si deve il merito di aver fuso insieme il vintage e il moderno, prendendo dai due mondi quanto di meglio potevano esprimere: da una parte c’era la sostanziale “artigianalità” di tanti modelli vintage e dall’altra la precisione della produzione attuale. Hanno idealmente colmato la lacuna della manualità, creando un mercato e una comunità che non c’era.»

Recentemente nel settore delle aste di orologi, in particolare alla luce degli eventi di Only Watch – che, per inciso, non vi coinvolge né direttamente né indirettamente – ritieni che sia emersa una questione di legittimità?

«Assolutamente no, al contrario. È importante sottolineare che un’asta rappresenta la forma di transazione più trasparente e pubblica esistente. Se cercassimo un paragone, potremmo equipararla a una finale calcistica della Champions League, dove anche il minimo gesto, come un calciatore che si gratta il sopracciglio, viene catturato in primo piano, ingrandito e scrutato nei minimi dettagli. Centinaia di telecamere, migliaia di telefonini, sono pronti a cogliere qualsiasi evento accada. Lo stesso accade durante le aste.»

Fuori dalle aste?

«Penso che rimanga sempre vivo il detto “You don’t buy the watch; you buy the vendor”. Che si tratti di una casa d’aste, di un commerciante, di un collezionista, ogni rapporto è prima di tutto basato sulla fiducia e sulle persone. Tutto il resto è la diretta conseguenza di questo.»

 
Alcuni pezzi importanti che andranno battuti nell'asta The Geneva Watch Auction: XIX © Phillips

Un’ultima domanda: ti diverti ancora a fare il tuo lavoro? Non sei stanco di vivere sempre sotto i riflettori della già citata finale di Champions, dove se durante un’asta ti gratti da destra verso sinistra, piuttosto che da sinistra verso destra, ci sarà qualcuno a Timbuctù pronto a fare polemica

(sorridendo) «Assolutamente sì, mi diverto ancora. Gli orologi mi accompagnano da 42 anni, quindi per l’80% della mia vita e mi diverto sia con gli orologi che con i collezionisti. Certo, non è tutto facile: quando vai a mangiare nel ristorante stellato più bello alla fine devi poi comunque pagare il conto, non solo economico ma anche banalmente con il peso fisico che aumenta dopo un sontuoso tiramisù. Tornando seri, non è certo divertente leggere bilanci, fare performance review e fare strategie di marketing, però le faccio. Certo, quello che mi diverte è il rapporto con i collezionisti ed è anche quello che spinge ogni giorno ad andare avanti.»

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