Guido Mondani: la mia Collezione la può “Battere” solamente Aurel

Immergersi nel mondo degli orologi rari e preziosi è un’esperienza che va oltre il semplice atto di possedere un bel pezzo; è un viaggio attraverso la storia, il design e l’ingegneria. Guido Mondani, un nome che riecheggia con autorità e passione nel panorama orologiero internazionale, ci porta in questo viaggio esclusivo parlando della sua personale collezione che verrà messa in vendita durante l’asta monotematica The Geneva Watch Auction: XIX featuring the Guido Mondani Collection, che Phillips in collaborazione con Bacs & Russo organizzerà a Ginevra l’11-12 Maggio

Abbiamo incontrato Mondani durante la preview milanese, e ha condiviso con noi non solo i dettagli dell’evento che gli appassionati di orologi attendono con impazienza, ma anche alcune storie personali e le emozioni legate ai pezzi più interessanti che presto passeranno sotto il martello di Aurel Bacs.

Mettendo da parte il mio ruolo giornalistico e provando ad immedesimarmi nella mentalità di un appassionato collezionista, mi sorge spontanea una domanda cruciale: perché hai deciso di lasciar andare l’intera tua collezione? Che cosa ti spinge a separarti da questi pezzi così ricchi di storia e di significato personale, dei veri e propri trofei che, immagino, hai conquistato con impegno e dedizione nel corso degli anni?

«È vero, ho combattuto tanto per comprare alcuni pezzi. La realtà è che a settantanove anni vorrei riprovare le emozioni che provai nel 2006 quando ho venduto in asta la mia collezione di orologi: 309 orologi che realizzarono un record per una vendita all’incanto di orologeria.»

Quale record?

«Per la prima volta, durante un’asta, sono stati venduti tutti i pezzi offerti, nessuno escluso. Alcuni inoltre con dei record.»

C’è un aneddoto che ricordi legato a quella vendita?

«L’esposizione delle preview si tenne in un rinomato hotel milanese, attirando l’attenzione di numerosi visitatori, tra cui il presidente della filiale italiana della Rolex. Quest’ultimo, naturalmente, era accompagnato dal suo legale, il quale aveva il compito di assicurarsi che tutti i modelli esposti fossero in piena regola. Ricordo ancora l’emozione nel vedere tutti i miei orologi esposti, tutti assieme, osservati e valutati dalle persone che passavano. Passata l’asta, passeggiando per via Montenapoleone, incrocio un signore distinto mai visto prima che si gira e mi dice: “lei è il signor Mondani?”. Annuisco, mi presento e lui mi fa vedere pieno d’orgoglio l’orologio che indossava al polso, esclamando “Questo è l’orologio che ho acquistato alla sua asta.” Per me è stata una vittoria, una grande soddisfazione. Oggi, a settantanove anni vorrei poter riprovare queste emozioni, anche a costo di mettere in vendita alcuni pezzi ai quali sono ancora fortemente affezionato.»

Gli appassionati normalmente vendono le loro raccolte perché non vedono nella loro discendenza lo stesso interesse e la stessa passione riguardo a quanto da loro collezionato. Nel suo caso questo non succede, perché sua figlia Giorgia è perfettamente inserita nel mondo delle lancette da collezione. Non gli sta togliendo un patrimonio?

«Nel 2006, quando feci la mia prima vendita, per la quale – per inciso – avevamo iniziato a lavorare già dal 2004, mia figlia stava svolgendo uno stage presso una casa d’aste ginevrina. Lei ci espresse immediatamente una sua ferrea convinzione, ovvero che degli orologi non gli interessava nulla. Quello fu un ulteriore motivo per spingermi alla vendita.»

Poi cosa successe?

«Una volta tornata in Italia, entrata a far parte dell’azienda di famiglia (Guido Mondani Editore), utilizzando un termine caro agli appassionati, “gli salì la scimmia” per le lancette da collezione. È letteralmente impazzita e ha iniziato ad acquistare orologi, chiedendomi consiglio ma comunque in maniera autonoma.»

Anche senza gli orologi di papà.

«Tranne quelli che gli ho regalato in particolari occasioni: per il primo torneo di tennis vinto da ragazzina, ha ricevuto in regalo un Oyster quadrante nero con il quale giocava regolarmente. Poi per i 30 anni un Sea-Dweller del 1984 con la garanzia datata lo stesso giorno della sua nascita, un Millgauss, un Submariner “Puffo” per la nascita della figlia Mia, il Daytona in oro quadrante verde e un Cartier Ballon Bleu e più altri che al momento non ricordo»

C’è più emozione nel comprare oppure nel vendere gli orologi.

(sorridendo) «Assolutamente nel comprare.»   Come è riuscito Aurel Bacs a persuaderti a mettere in vendita i tuoi orologi?

«Ho raggiunto un accordo con Aurel Bacs su tutto, dai prezzi di riserva alla grafica del catalogo, quest’ultima molto importante per me visto che comunque rimango un editore. Ho però posto una tassativa conditio sine qua non.»   Quale condizione?

«Che fosse lui ed esclusivamente lui a “battere” fisicamente “tutti i pezzi” in asta.»   Ha accettato?

«Non subito. Ha iniziato a dire che Alexandre Ghotbi è davvero bravo, lo stesso vale anche Tiffany To… poi ha continuato dicendo “mi stanco”. Non sono indietreggiato di un centimetro e alla fine ha ceduto: Aurel batterà tutti i pezzi della mia collezione. Non potevo fare a meno di quello che considero il più bravo, ma soprattutto l’unico che riesce ad emozionarmi.»

Ultime due domande. Ti aspetti nuovi record dall’asta di maggio?

«Sì, perlomeno ci spero.»   Il pezzo più bello in vendita?

«Forse perché era un regalo per mia moglie, penso che sia particolarmente importante il Rolex Cosmograph Daytona ref. 6269, con lunetta e quadrante in diamanti. Poi il mio Rolex ref. 6036 Jean-Claude Killy Chronograph in oro rosa del 1955: orologio praticamente inusato, ha ancora la sua garanzia originale. Questi sono solamente due esempi. Poi il Rolex personalizzato sul fondello per i 100 anni della Gioielleria Abate di San Remo e tanti altri…»

Patek Philippe ref. 2499/100 (Photo © Collezione Bonanno)

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